In questo articolo ci soffermeremo sulla correlazione tra il caffè e le performance sportive: nell’aumento del focus cognitivo e nella diminuzione della percezione dello sforzo, oltre che della sua capacità coadiuvante ai carboidrati nella resintesi del glicogeno. Ma proviamo a capire cosa altro c’è all’interno di questa secolare bevanda.
Cosa contiene il caffè? Scopriamo le proprietà antiossidanti delle sue componenti
Nei chicchi del caffè sono presenti una moltitudine di composti fenolici antiossidanti1 come la caffeina stessa, l’acido clorogenico, le melanoidine, la trigonellina, il cafestol e kahweol, che hanno mostrato un ottimo potenziale anti-infiammatorio e anti-carcinogenico2,3.
Effetti della caffeina
Quanta caffeina contiene un caffè?
- La caffeina, oltre ad essere un potente adattogeno4, contiene degli scavenger (cioè enzimi che interrompono le reazioni dei radicali liberi, cioè sostanze ossidanti) affini ai radicali idrossilici5,6. Il contenuto di caffeina differisce sia tra le tipologie di chicchi; 12-13 mg/g per l’Arabica e 19-21 mg/g per la Robusta7, sia dal processo di infusione; circa 90 mg/100 ml per il caffè solubile e 120 mg/100 ml per quello filtrato8. Per cui la quantità varia dalla classica e nostrana moka, all’espresso da bar fino al caffè in cialda.
- Gli acidiclorogenici (CGAs), come l’acido caffeico9, sono importanti compostipolifenolici con anch’essi proprietà anti-ossidanti, la cui concentrazione varia dai 20 ai 675 mg in circa 125 ml di caffè, in base alla varietà e alla modalità d’infusione10.
La Trigonellina, il Cafestol e il Kahweol, sono anch’esse sostanza antiossidanti che hanno mostrato una forte attività di riduzione dei radicali liberi in patologie croniche come il diabete13, un’attività di neuroprotezione nella malattia di Alzheimer14, e nella protezione delle cellule epatiche15.
Tostatura del caffè
- La reazione di Maillard, cioè l’imbrunimento del chicco tramite la tostatura, a differenza di quanto ogni tanto si sente nel volgo comune, non è di certo cancerogena, anzi è proprio tale reazione che attribuisce ancora più sostanze anti-ossidanti al caffè11. In particolare si tratta dei melanoidine, che non solo donano l’aroma e il colore, ma compensano anche la parziale perdita di acidiclorogenici durante la cottura12.
Caffè e salute: la sua influenza sulle patologie?
Purtroppo, risulta molto difficile sviscerare in piccolo articolo tutte le meta-analisi a riguardo, per cui mi soffermerò solamente su alcuni punti salienti che reputo interessanti.
Considerando tutte le cause più comuni di mortalità, dalle malattie cardiovascolari, ai tumori, alle malattie cronico degenerative, nella meta-analisi di Poole e colleghi del 2017, si evince come una media di 3 tazze di caffè al giorno (considerando che una tazza in termini US va dai 118 ai 148 ml), siano correlate una più bassa incidenza di mortalità rispetto ai non consumatori, così anche nel caso di caffè decaffeinato16. Trovo necessario rimarcare una cosa importante: in Italia beviamo per lo più il caffè espresso, più o meno ristretto o lungo, il che ci fa assumere una dose nettamente inferiore rispetto agli standard US. Come ci conferma uno studio (con tono allarmato) su adolescenti italiani e l’introduzione di caffeina17, i quali assumevano circa dai 56,3 ai 194,7 mg di caffeina al giorno, cioè da 1 a 4 caffè ristretti o medi al giorno18.
Caffè ed ipertensione
Per quanto concerne l’ipertensione, avendo già menzionato la riduzione di mortalità per le malattie cardiovascolari, bisogna solo aggiungere che sembrerebbe non presentarsi alcun rischio di aggravamento o insorgenza nel consumare caffè in basse o ad alte dosi19. Mentre altri studi evidenzierebbero un effetto positivo nel lungo termine ed in altri un effetto neutro in comparazione con la popolazione che non ne fa uso, per cui un risultato statisticamente non significativo, tale da consigliarne l’assunzione o la non assunzione nelle persone che soffrono di ipertensione20. Sarebbe bene ricordare che sì il caffè e la caffeina determinano un innalzamento della pressione arteriosa, ma per lo più nei non consumatori abituali. Effetto che comunque si attenua nel giro di 1-4 giorni di utilizzo continuo21.
Il caffè non acidifica, non diminuisce l’assorbimento del calcio (Ca) né la sua escrezione urinaria22, inoltre non è stata dimostrata nessuna solida correlazione diretta tra le fratture ossee in generale e in particolare quelle del femore e bacino23. Tuttavia è possibile che soggetti consumatori di caffè abbiano un basso o nullo introito di prodotti contenenti calcio (Ca) come ad esempio il latte. Pertanto potrebbero essere soggetti a fratture ossee dovute alla deficienza di questo minerale22,24.
Altri studi
Le componenti del caffè di cui abbiamo già trattato, inibendo l’aggregazione di alfa-amiloidi, proteine tau nella malattia di Alzheimer e alfa-sinucleine nella malattia di Parkinson25, apporterebbero un beneficio neuroprotettivo nelle malattie neurodegenerative, oltre alle già più note proprietà su: attenzione, focus e memoria26,27.
Infine, un interessantissimo studio sul trattamento della tosse residua e persistente post infezione, evince che: tra l’utilizzo di caffè e miele e l’assunzione di antinfiammatori steroidei, incredibilmente i rimedi della nonna, anzi in realtà dei nostri antenati medici di oltre 3.000 anni a.C., si dimostrano più efficaci nel ridurre la tosse persistente, oltre che meno invasivi del trattamento corticosteroideo28.
Conclusioni: pro e contro del caffè
Un consumo moderato, come quello di un italiano medio che beve tra i 3 e 5 espressi al giorno, porta con sé i benefici non solo delle componenti fenoliche e anti-ossidanti, ma anche di quelli a livello cognitivo e di performance fisica di cui abbiamo già trattato in altri articoli26,27. Per tutti gli altri esiste, fortunatamente, il caffè decaffeinato.
Stando agli studi osservazionali, talvolta in contrasto, sembrerebbe diminuire tutte le cause di mortalità16, ma sappiamo anche che il caffè e soprattutto la caffeina generano effetti collaterali:
- l’aumento dello stress e forme di ansia
- mal di testa da astinenza
- insonnia
- diminuzione della tolleranza
- aumento della pressione arteriosa in acuto (con dosi oltre i 3 mg/kg peso corporeo)
- aumento del reflusso gastroesofageo26. Quest’ultimo problema sembrerebbe superabile in parte tramite il consumo di caffè estratto a freddo, piuttosto che il classico per infusione a caldo, grazie ad un minor contenuto di acidi28.
Tirando le somme, il caffè si presenta come una bevanda neutra per quanto riguarda la salute in generale.