Alimentazione

Latte e latticini: fanno bene o male?

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Cominciamo col dire che, nel campo della nutrizione umana, parlare di un qualcosa che fa bene o male, è un modo limitato e semplificatorio di analizzare un cibo o una categoria di cibi.

Si deve sempre tenere conto, infatti, che benché studi epidemiologici, cioè basati cioè sulla raccolta di dati inerenti al consumo e correlati con certe patologie, considerino questo alimento come nocivo, di per sé il latte come alimento e i suoi derivati sono una categoria alimentare straordinariamente ricca di nutrienti, che deve trovare spazio in un’adeguata alimentazione.

Cos’è l’intolleranza al lattosio

L’intolleranza al lattosio è un deficit enzimatico, cioè l’incapacità di scindere (idrolizzare) le molecole di lattosio, carboidrati semplici naturalmente contenuti in certi alimenti come il latte ed altri latticini freschi, in monosaccaridi quali glucosio e galattosio [1].

La Galattosemia

Da non confondere con la Galattosemia, un'altra particolare patologia ereditaria che coinvolge tre enzimi diversi che permettono la conversione da galattosio a glucosio, provocando un grande accumulo di galattosio con conseguenze gravi per il neonato [2].

Adattamento di specie

Evitando di entrare nei dettagli genetici, cioè dei polimorfismi ed ereditarietà, è bene chiarire che le teorie evoluzionistiche secondo le quali noi siamo l’unica specie che si permetterebbe di bere il latte di altre specie animali, cosa tra l’altro non vera (vedi: alcuni tipi di uccelli ed animali domestici), sono fallaci.

La mutazione del gene -13910*T/C, avvenuta verosimilmente durante la rivoluzione neolitica, ha permesso di mantenere su certi soggetti la capacità di usufruire di certi alimenti derivati dall’allevamento di alcune specie animali produttrici di latte contenente lattosio [3,4].

Trascrizione e produzione dell’enzima lattasi

Dalla nascita quasi tutti possediamo la capacità di produrre l’enzima lattasi, poiché il latte umano contiene molto lattosio. I casi di deficit congenito, cioè l’assenza totale già dalla nascita del gene che si occupa della trascrizione per la produzione, sono molto rari.

In generale possiamo dire che la popolazione umana si divide macroscopicamente in due categorie:

  • coloro che sono Lattasi persistenti (LP), nei quali il gene responsabile dell’enzima lattasi permane,
  • altri invece Lattasi non persistenti (LNP), nei quali al contrario non permane, o come sopra scritto, non è presente sin dalla nascita.

Facciamo questa divisione per pura comodità perché non esiste solo il problema del deficit a monte, ma anche una serie di soggettività a livello degli enterociti, quindi nell’assorbimento di glucosio e galattosio, la presenza di un possibile mosaicismo per cui alcune cellule intestinali esprimono le proteine di trasporto ed altre no.

Insomma, è molto più complesso del semplice: una volta svezzati non siamo più fatti per bere latte [3].

Come fare per sapere se si è intolleranti al lattosio

Chiaramente il dubbio di essere intolleranti al lattosio può sorgere se dopo che si è bevuto del latte o mangiato dei cibi contenenti latticini freschi, come per esempio una pizza con abbondante mozzarella, si presentano disturbi gastrointestinali come meteorismo e diarrea.

Il Breath Test

Per una diagnosi corretta di intolleranza al lattosio è necessario effettuare il Breath Test, che permette di capire se ci sono degli effettivi segni di malassorbimento e sintomi. Da tenere presente che il BT ha una sensibilità del 75-80%, cioè vi è la possibilità del 20-25% di risultare falsi negativi.

Il test genetico

Il test genetico invece è utile per capire se si è portatori del gene in grado di produrre l’enzima Lattasi. Per questo è bene sapere che, se si è portatori del gene perfettamente funzionante, e quindi si è in grado di scindere il lattosio contenuto nel latte e nei latticini freschi, ma per molto tempo non ci si è esposti a questo genere di alimenti, le cellule dell’apparato intestinali avranno ridotto la produzione di tale enzima proprio per la poca utilità, e potrebbe quindi dare un risultato positivo al Breath Test [1,3].

Variabilità soggettiva

Alcuni soggetti, come quelli che soffrono di sindrome dell’intestino irritabile, anche se eventualmente LP (Lattasi persistenti) potrebbero avere dei sintomi lievi anche con entità modeste di lattosio, come ad esempio 125 ml di latte (4-5 g di lattosio). Allo stesso modo, anche quei soggetti suscettibili al solo pensiero che l’ingestione di latte potrebbe dare loro manifestazioni cliniche, anche con quantità minime come quelle contenute in una porzione da 25-30 g di proteine del siero del latte concentrate (0,5-1 g di lattosio).

La rapidità di ingestione di cibi contenenti lattosio e il carico dello stesso rappresentano invece un problema oggettivo, dato che gli enterociti hanno limitate capacità di digestione ed assorbimento di alcuni zuccheri, per cui grandi quantità in acuto (ad esempio 50 g di lattosio cioè 1 lt di latte tutto in una volta) provocherebbero problemi anche nei soggetti LP o parzialmente LP.

L’intolleranza al lattosio può incorrere anche in quei soggetti che hanno già una patologia infiammatoria a carico dell’apparato digerente come ad esempio la celiachia [3].

Il consumo di latte e prodotti fermentati sulle capacità digestive del lattosio

In coloro che sono LNP (Lattasi non persistenti), ma anche nei LP (Lattasi persistenti) che per molto tempo hanno evitato il latte e i latticini, si può indurre il microbiota ad aumentare determinati ceppi batterici che possono operare al posto dell’enzima degli enterociti preposto alla digestione del lattosio.

Infatti, il consumo frequente a piccole dosi di lattosio come quello contenuto in 125-250 ml di latte, di prodotti fermentati da latte come yogurt e kefir, ma anche formaggi semi-stagionati e stagionati; così come altri prodotti sottoposti a fermentazione (miso, kimchi, crauti e cetrioli), sono in grado di aumentare tutti quei batteri eterofermentati capaci di scindere il lattosio ed evitare quindi un’abnorme produzione di gas come l’idrogeno, metano e diossido di carbonio che provocano discomfort intestinali [5–7].

Il latte fa bene?

Partiamo col dire che proprio il lattosio, o meglio i sottoprodotti della scissione del lattosio, cioè i galattoligosaccaridi e i transgalattoligosaccaridi, sono responsabili di un maggior assorbimento del minerale più abbondante del latte, il calcio (Ca2+), oltreché aumentare la quantità di ceppi batterici benefici come i Bifidobacteria [8].

Gli acidi grassi contenuti al suo interno sono vari e benché quelli saturi siano correlati con un maggior rischio cardiovascolare, allo stesso tempo il contenuto di grassi insaturi e polinsaturi come gli Omega 3 e l’acido linoleico coniugato (CLA), sono invece associati ad un’attività anti-carcinogenica, anti-aterosclerotica e antinfiammatoria [8].
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Le proteine del latte, beh che dire, ne abbiamo parlato in maniera realmente approfondita in questo blog e vi consiglio di leggere tutti i nostri articoli sulle proteine del latte.

Infine, il latte contiene:

  • adeguate quantità di riboflavina e acido pantotenico;
  • buone quantità di B12 e folati;
  • vitamina D, A e E come alfa-tocoferolo;
  • nonché Ca2+ in forma organica legato alle caseine e inorganica come fosfato e citrato;
  • fonti ottimali e bio-disponibili per l’intestino umano;
  • potassio con un rapporto Ca2+/K simile a quello del tessuto osseo;
  • e anche magnesio ma pochissimo sodio [3,8].

Il latte non acidifica e non fa espellere calcio

Il fosfato e il citrato di calcio all’interno del latte sono, al contrario di ciò che si sente o si legge in certi articoli, minerali alcalinizzanti, ammesso poi che in soggetto sano faccia la differenza dato che il nostro organismo in condizioni fisiologiche ha un suo sistema autonomo di regolazione del ph [3]. Per cui è il caso di ribadirlo: il latte non acidifica, anzi è proprio il contrario.

Inoltre, il latte e i latticini rimangono una delle migliori fonti di calcio bio-disponibile come già accennato, e il loro regolare consumo di almeno una porzione al giorno è direttamente associato ad un ottimale status di densità ossea, quindi minor osteopenia, osteoporosi e incidenza di fratture [9,10].

Bisogna ricordare inoltre che il metabolismo del Ca2+ è complesso, e non dipende solo dalla quantità proveniente dal cibo, ma dal turnover interno dell’organismo, dal crosstalk del paratormone, calcitonina e dalla vitamina D [3].

Infine, il consumo di latte e latticini è sempre associato direttamente ad una larga prevenzione primaria su patologie come diabete, tumori dell’apparato gastrointestinale, obesità e malattie cardiovascolari [11].

Sicurezza di latte, yogurt e formaggi in tavola

L’attuale legislazione dettata dal regolamento CE n. 853/2004 del Parlamento Europeo, non solo assicura al consumatore che il latte che arriva nella grande e piccola distribuzione sia scrupolosamente analizzato, ma tutela anche la bio-diversità e l’eccellenza dei prodotti caseari del nostro paese unici al mondo, basti pensare al Parmigiano Reggiano, alla Burrata d’Andria, all’Asiago, al Caciocavallo Silano, al Pecorino Sardo e a quello Toscano.

Consumo di latte ed etica

Affrontiamo ora la questione etica. La nutrizione umana presenta sempre degli aspetti etici di cui tener conto, sia d’interesse pubblico come l’impatto ambientale, che privato ed intimo della persona come la scelta di non usufruire di qualsiasi alimento proveniente dagli animali.

Non sta a me dire in questa sede se il consumo del latte e dei derivati del latte sia una scelta eticamente giusta, ma se è per questo allora, nemmeno la nostra esistenza su questa terra lo è.

Bibliografia
  1. Ruzsanyi, V.; Heinz-Erian, P.; Entenmann, A.; Karall, D.; Müller, T.; Schimkowitsch, A.; Amann, A.; Scholl-Bürgi, S. Diagnosing lactose malabsorption in children: Difficulties in interpreting hydrogen breath test results. J. Breath Res. 2016, 10, doi:10.1088/1752-7155/10/1/016015.
  2. Qi, X.; Tester, R.F. Fructose, galactose and glucose – In health and disease. Clin. Nutr. ESPEN 2019, 33.
  3. Mariani C., A.; Cannella, C.; Tomassi, G. Alimentazione e nutrizione umana. 2011, 8, 743.
  4. Gerbault, P.; Liebert, A.; Itan, Y.; Powell, A.; Currat, M.; Burger, J.; Swallow, D.M.; Thomas, M.G. Evolution of lactase persistence: An example of human niche construction. Philos. Trans. R. Soc. B Biol. Sci. 2011, 366.
  5. Kok, C.R.; Hutkins, R. Yogurt and other fermented foods as sources of health-promoting bacteria. Nutr. Rev. 2018, 76, doi:10.1093/nutrit/nuy056.
  6. Leis, R.; de Castro, M.J.; de Lamas, C.; Picáns, R.; Couce, M.L. Effects of prebiotic and probiotic supplementation on lactase deficiency and lactose intolerance: A systematic review of controlled trials. Nutrients 2020, 12.
  7. Lactose intolerance: myths and facts. An update. Arch. Argent. Pediatr. 2022, 120, doi:10.5546/aap.2022.eng.59.
  8. Ilesanmi-Oyelere, B.L.; Kruger, M.C. The Role of Milk Components, Pro-, Pre-, and Synbiotic Foods in Calcium Absorption and Bone Health Maintenance. Front. Nutr. 2020, 7.
  9. Ratajczak, A.E.; Zawada, A.; Rychter, A.M.; Dobrowolska, A.; Krela-Kaźmierczak, I. Milk and dairy products: Good or bad for human bone? practical dietary recommendations for the prevention and management of osteoporosis. Nutrients 2021, 13.
  10. Rizzoli, R.; Biver, E.; Brennan-Speranza, T.C. Nutritional intake and bone health. Lancet Diabetes Endocrinol. 2021, 9.
  11. Pereira, P.C. Milk nutritional composition and its role in human health. Nutrition 2014, 30.
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