In questo articolo andremo a trattare la tipologia di dieta alimentare chiamata oltreoceano “Fat-adapted” ovvero, una dieta chetogenica a basso contenuto di carboidrati ed alto contenuto di grassi.
Dieta chetogenica e sport: i trigliceridi intramuscolari e il carburante infinito
Le diete low carb (che prevedono pochi carboidrati – ndr) ad alto contenuto di grassi (LCHF), hanno trovato il loro impiego in quasi tutti gli sport, di breve e di lunga durata, monostrutturati e polistrutturati ed anche multimodali. Sarebbe doveroso chiarire fin da subito, che l’applicazione è sempre possibile, la conferma dell’ipotesi e la riuscita no [1].
All’interno del muscolo non viene solo stoccato il glucosio in forma di glicogeno, come da sempre si fa supercompensando le scorte nei giorni antecedenti ad una competizione [2], ma sono presenti anche degli acidi grassi intramuscolari (IMTG), che rappresenterebbero un potenziale substrato interminabile, anche per gli atleti con la minor percentuale di massa grassa [4].
Effettivamente divenire atleti fat-adapted è realmente vantaggioso, pensate solamente alla riduzione di pantagruelici pasti di insipidi carboidrati prima di una gara e al rifornimento continuo durante la competizione, che spesso recano non pochi problemi gastrointestinali con la certezza di compromettere il risultato [1].
È possibile fare sport in assenza di glicogeno?
L’organismo è una macchina molto efficiente quando si tratta di continuare a muoversi pur non avendo più glicogeno da spendere. Se l’attività è di medio-bassa intensità, e lo diventa a causa della riduzione dei substrati glucidici e un’aumentata fatica percepita, il carburante di riferimento diverranno:
- gli acidi grassi per una buona parte della produzione di ATP;
- il lattato che, tramite il ciclo di Cori, produrrà un buon 25% di glicogeno;
- il piruvato e alcuni aminoacidi stoccati nei muscoli, che verranno utilizzati sempre per sopperire all’alterata glicemia [5,6].
Certo, come dicevo poco sopra, questo eviterebbe agli atleti impegnati in lunghe competizioni multi-stage (pensate al Tour de France) di impiegare gran parte della giornata a ripristinare le scorte di glicogeno, peccato che anche i ricercatori dovettero concludere che per quanto fosse vantaggioso lo stato di fat-adpted: “… the price paid for the conservation of CHO during exercise appears to be a limitation of the intensity of exercise that can be performed … there was a marked attenuation of respiratory quotient [RQ] value at VO2max suggesting a severe restriction on the ability of subjects to do anaerobic work”, cioè affermare che l’intensità viene meno e quindi anche la performance sarebbe inevitabilmente compromessa [1,5,6].
Per completezza: con VO2Max si intende la metrica che rappresenta il massimo volume di ossigeno consumato per minuto (in millilitri) per chilogrammo di peso e definisce il livello cardiorespiratorio e aerobico personale. È un parametro fondamentale a livello clinico per definire il livello cardiorespiratorio e di fitness del soggetto.
Iniziare una dieta chetogenica e divenire Fat-adapted
La ratio per la quale divenire fat-adapted è semplice secondo alcuni ricercatori ed autori: risparmiare il glicogeno muscolare e aumentare il consumo di acidi grassi. Lo “switch” si raggiunge in 5 giorni tramite una dieta LCHF e degli allenamenti ad alta intensità atti alla deplezione di glicogeno [28].
Anche qui dovremmo ricordare che atleti ed amatori ben condizionati, divengono già dei buoni risparmiatori di glicogeno. Questo avviene perché aumentando la soglia di Vo2max, si riesce a migliorare nel tempo una certa distanza o una certa performance divenendo più efficienti nei movimenti. Il miglioramento nell’esecuzione dell’esercizio permette di lavorare ad una relativa minor intensità e porta quindi ad utilizzare maggiormente gli acidi grassi. Questo adattamento è tipico di chi è molto allenato, ma è anche il motivo per il quale esiste una differenza effettiva tra un atleta professionista e chi non lo è diventato [7].
Quindi allenarsi con un regime low carb porta ovviamente ad una riduzione delle scorte di glicogeno senza un loro ripristino, e l’esposizione ad un maggior introito di acidi grassi “swictherebbe” l’organismo ad un utilizzo maggiore di questi al posto dei carboidrati [8-10]. Lo “switch” preferenziale del corpo, è ovviamente dato dalla sovrabbondanza di un substrato (gli acidi grassi) rispetto ad un altro (i carboidrati), e ovviamente dall’intensità dell’allenamento [10].
Però attenzione, nel caso di un’alimentazione per lo più proteica, le proteine diverrebbero anche esse il substrato energetico preferenziale per il corpo, trasformandosi irreversibilmente in glucosio, benché il processo sia molto dispendioso [12].
Dieta chetogenica fat-adapted: apporta reali vantaggi?
Tra le speculazioni a favore della fat-adaptation, c’è sicuramente quella che il soggetto fat-adapted manterrebbe questo stato nonostante la temporanea ricarica di glicogeno muscolare. Cioè essenzialmente dopo un periodo di LCHF e di deplezione del glicogeno, tornare a mangiare ingenti quantità di carboidrati (10 g per kg di peso corporeo), per 1-3 giorni prima di una competizione o allenamento, non altererebbe lo stato di fat-adapted, continuando quindi ad utilizzare gli acidi grassi come substrato primario [21-24]. Questo effetto, come ho spiegato anche nel libro, è dato da una momentanea condizione di insulino-resistenza, ovvero una incapacità delle cellule di captare glucosio e promuovere quindi la glicogenosintesi nei miociti [25,26]. Interessante è il fatto che, in uno scenario di questo tipo, cioè 6 giorni di LCHF e 1 giorno di ricarica, nonostante si assista ad un’abbondanza di substrati energetici (carboidrati e grassi), tra i fat-adapted con ricarica glucidica e i soggetti che avevano tenuto una dieta High Carb, vi sia comunque una performance inferiore nelle brevi distanze (sprint di 1 km e 4 km) per i primi, mentre nessuna differenza significativa nei test lunghi (100 km trial) [27].
Conclusioni
Dopo aver approfondito nel dettaglio cosa comporta in termini di costi-benefici la dieta chetogenica fat-adapted, facciamo un breve riepilogo dei punti salienti:
- dentro i nostri muscoli ci sono anche delle scorte di acidi grassi (IMTG), che vengono utilizzati in base all’intensità dell’esercizio;
- se il glicogeno nei muscoli finisce, non è un problema, il corpo continuerà a muoversi ma ad una minore intensità, ricavando qualche molecola di glucosio da sottoprodotti e producendo ATP anche da acidi grassi e corpi chetonici;
- l’organismo utilizza il substrato energetico più abbondante e disponibile;
- si può divenire fat-adapted in circa 5 giorni, seguendo una dieta LCHF ed eseguendo allenamenti glicolitici;
- essere fat-adapted aumenta l’utilizzo di acidi grassi per produrre ATP;
- essere fat-adapted e poi attuare una ricarica di glicogeno non aumenta le performance negli sport dove è richiesta un’altra intensità.
In conclusione, scegliere una dieta fat-adapted porta con sé pro e contro, la scelta di intraprenderla o meno è personale anche in base alle esigenze sportive personali.
Nel prossimo articolo di questa ketogenic saga, esamineremo nel dettaglio i substrati energetici, la flessibilità metabolica, l’impatto della dieta chetogenica fat-adapted nella vita di uno sportivo e molto altro!