Il paragrafo sottostante era già controverso nel 2017, ma lo è ancora di più oggi che lo rileggo. In quel momento ero molto dibattuto tra lo scrivere quello che pensavo e quello che i principali enti internazionali divulgavano come linee guida, poi per una scelta puramente editoriale e di natura gerarchica, la mia opinione valeva, e vale, come l’acqua tiepida e il limone di mattina appena svegli per promuovere il dimagrimento localizzato.
Vi invito a leggere la mia stesura originale, dopodiché in fondo lascerò il mio commento alla luce delle ultime evidenze scientifiche.
Prima valutazione sugli Omega 3
Dalla bozza non ufficiale di 300 INVICTUS
Prato, 21.04.2017
Paragrafo leggermente accademico, forse più rivolto agli addetti al settore, che vi invito comunque a leggere.
Veramente sono così fondamentali questi Omega-3? Chi ha definito questi acidi grassi così indispensabili?
Gli Omega-3 sono acidi grassi polinsaturi, i cui più conosciuti sono l’acido octadecatrienoico (ALA), l’acido docosaesaenoico (DHA) e l’acido eicosapentaenoico (EPA).
Alcuni articoli del biologo Ray Peat, intervengono proprio su questo quesito (Nda – debbo dire che inizialmente mi avevano veramente destabilizzato). Ray è un ricercatore che ha dedicato gran parte dei suoi studi al funzionamento del mitocondrio e della cellula, degli effetti che hanno proteine, carboidrati, acidi grassi e micronutrienti sulla produzione di alcuni ormoni, in particolare quelli della tiroide e del surrene. […]
Dicevamo sugli O-3, Peat scriveva che in assenza di acidi grassi essenziali si poteva prevenire l’infiammazione sistemica (come quella delle malattie metaboliche), l’insulino-resistenza e la produzione di tossine:
“But much earlier (Wright, et al., 1988) it had been demonstrated that a deficiency of the “essential fatty acids” prevents toxin-induced diabetes and greatly increases resistance to inflammation (Lefkowith, et al., 1990).
[…] The antimetabolic and toxic effects of the polyunsaturated fatty acids can account for the “insulin resistance” that characterizes type-2 diabetes, but similar actions in the pancreatic beta-cells can impair or kill those cells, creating a deficiency of insulin, resembling type-1 diabetes.
The suppression of mitochondrial respiration causes increased free radical damage, and the presence of polyunsaturated fatty acids in the suppressed cell increases the rate of fat decomposition and production of toxins.”
Estratto da “Glucose and sucrose for diabetes”, 2012.
E ancora la decomposizione degli acidi grassi polinsaturi produce una serie di molecole tossiche che sono coinvolte nella maggior parte delle malattie degenerative:
“The degenerative diseases are all associated with disturbances involving fat metabolism and lipid peroxidation. Alzheimer\’s disease, alcoholic and nonalcoholic liver disease, retinal degeneration, epilepsy, AIDS, diabetes, and a variety of circulatory problems involve breakdown products of the PUFA. The products of PUFA decomposition include acrolein, malondialdehyde, hydroxynonenal, crotonaldehyde, ethane, pentane, and the neuroprostanes, which are prostaglandin-like molecules formed from DHA by free radical lipid peroxidation products, especially in the brain and at a higher level in Alzheimer\’s disease.”
Estratto da “The Great Fish Oil Experiment”, 2007.
Citerei anche l’adrenomieloneuropatia, una malattia che come complicanza presenta la difficoltà di ossidare gli acidi grassi a catena lunga (VLCFA) come alcuni polinsaturi tra cui il DHA, che accumulandosi nel sangue provocano la distruzione della guaina mielinica dei nervi a causa della perossidazione lipidica*. […]
Omega 3 a cosa servono?
Gli Omega-3, in forma di olio di pesce, arrivano oggi in ritardo negli ambulatori, con prescrizioni mediche alquanto laconiche su un uso generale con la classica frase “fanno bene un po’ per tutto”. Ma questi “grassi buoni” sono realmente utili oppure no?
Ipertrigliceridemia. Nei soggetti con ipertrigliceridemia (TG?500 mg/dl), 4 g al giorno di O-3, hanno mostrato una riduzione del 20-30%, ma nessuna variazione invece nelle particelle LDL-C, o nel rischio di pancreatiti [1-4]. Sempre l’integrazione di 4 g al giorno per 8 settimane ha mostrato una significativa riduzione dei trigliceridi in atleti di medie-lunghe distanze rispetto al gruppo di controllo formato da soggetti sedentari con non più di due ore totali di attività fisica a settimana [15].
CVD (Cardiovascular Disease). Il potenziale degli O-3 in questo campo veniva proposto sia come primaria che secondaria prevenzione [5]. Tuttavia, c’è una forte evidenza nell’affermare che l’integrazione di olio di pesce, non apporti nessun effetto positivo o negativo nell’incidenza della mortalità legata alle malattie cardiovascolari (CVD), né tantomeno al decorso delle stesse [5]. Nel 2017 l’AHA non raccomandava l’integrazione di O-3 nella prevenzione delle CVD nei pazienti con diabete di tipo 2, o insulino-resistenza, sottolineando l’insufficiente evidenza a favore, e un modestissimo beneficio nelle malattie coronariche (CHD) [6].
Pur avendo un lieve effetto nella diminuzione della pressione arteriosa, non è stato considerato nemmeno lontanamente paragonabile agli antipertensivi nei pazienti con CVD [7] e nemmeno come cura coadiuvante.
Omega 3 Quando assumerli?
Gli Omega 3 sono importanti per il benessere generale sia nella popolazione sana che con patologie.
Il trend negli ultimi anni è stato quello di consigliare gli Omega 3 per prevenire e curare le osteoartriti e mantenere le articolazioni sane, la funzionalità neurale e il benessere dei neuroni a livello centrale, diminuire l’infiammazione cronica e promuovere il benessere del feto e del nascituro. Nonostante le promettenti applicazioni, per la maggior parte l’evidenza scientifica non è stata abbastanza consistente da poterne confermare la veridicità [8-12].
Ad esempio:
- per quanto riguarda la salute delle articolazioni e le osteoartriti si è rilevato un lieve miglioramento della sintomatologia nei pazienti con artrite reumatoide, ma non tale da farne una cura coadiuvante [8].
- Nella promozione della salute del sistema nervoso centrale, in particolare nei soggetti affetti da Alzheimer (AD), è stato rilevato un leggero miglioramento delle funzioni cognitive [9], così l’integrazione nei soggetti sani oltre i 60 anni non ha apportato alcun effetto nella funzione mnemonica e di elaborazione [10].
- Per quanto riguarda la salute del feto e del nascituro, ci sono piccole positività nell’adeguata lunghezza della gestazione e del peso del bambino, il che suggerisce l’integrazione pressoché obbligatoria nelle madri che non consumano pesci contenenti O-3, ma si conclude purtroppo con insufficiente supporto nella prevenzione dello sviluppo di eventuali disordini e disabilità [11].
- Inoltre, sugli stati di infiammazione cronica, come ad esempio la Psoriasi, nessun quantitativo di Omega 3 da 500 mg fino a 3,6 g al giorno da un minimo di 10 giorni ad un massimo di 24 mesi, ha dimostrato significativa positività come cura coadiuvante, e come prevenzione e riduzione della sintomatologia [13].
Tuttavia, vi è ancora una cospicua letteratura pro Omega 3 che rileva funzioni anti-infiammatorie, nel modulare la produzione di citochine, supportandone un loro impiego in altre malattie sistemiche come il Lupus Eritrematoso, la Sclerosi Multipla, e l’Artrite Reumatoide [14]. Infine, un recentissimo studio, ha rilevato che l’integrazione di 4 g al giorno per 8 settimane in atleti di endurance di medie-lunghe distanze, porta ad una riduzione nella perossidazione lipidica e del TNF-?, contrastando quindi, in misura lieve lo stress ossidativo indotto dall’allenamento [15].
Perossidazione lipidica. La questione sull’irrancidimento degli acidi grassi che vengono esposti a luce e calore è ancora attuale [17,18]. Per questo non possiamo affidarci alle fonti vegetali di omega 3 come i semi oleosi, poiché la conservazione espone per diverso tempo queste fonti vegetali ad ossigeno, luce e calore, determinando una più che certa ossidazione da radicali liberi. Anche le capsule contenenti O-3 sono soggette a questo evento se non adeguatamente conservate e trasportate a temperature da comune frigorifero [17], ed è per questo che per garantirne la qualità e l’efficacia dovrebbero essere sottoposte a particolari processi di incapsulamento [18,19].
Purtroppo, l’aggiunta di Vit E non garantisce il contrasto alla perossidazione lipidica degli O-3 in capsule se sottoposte a luce, calore e ossigeno. L’azione antiossidante della vitamina E viene esplicata all’interno dell’organismo e non al di fuori di esso, per questo vi è un potenziale rischio di assumere prodotti con acidi grassi già ossidati che apporterebbero danno cellulare [20].
Come assumerli?
Dunque, le raccomandazioni per la popolazione sono sempre state un po’ sibilline e spesso non comprensibili agli utenti finali, cioè le persone. Benché il messaggio sia chiaro, cioè “ridurre l’introito di omega 6 e aumentare quello di omega 3”, risulta molto difficile da attuare e nessuno sa, di fatto, non tanto come orientarsi sulle fonti da cui attingere, ma come calcolare l’introito preciso con rapporto adeguato tra O-6 e O-3, che dovrebbe attestarsi rispettivamente a 5:1.
Dovremmo quindi affidarci al buon senso, evitando gli olii da semi vegetali di bassa qualità e di produzione di massa (colza, soia, girasole, arachide). Ricordatevi però che vi basterà una manciata di noci (30 g ca.) per raggiungere il quantitativo di acidi grassi n-6 consigliati giornalmente. Le fonti da cui possiamo attingere un buon quantitativo di EPA e DHA, sono prevalentemente i pesci provenienti da mari freddi, consumati freschi dopo un processo di abbattimento o surgelamento subito dopo essere stati pescati. Ad ogni modo nessuna fonte batterà mai l’olio di fegato di merluzzo (10/100 gr di EPA e 8/100 gr di DHA) – sempre che abbiate il coraggio di assumerlo.
Omega 3: massa magra e dimagrimento
Di recente sono stati condotti alcuni di studi sull’effetto degli O-3 in relazione al mantenimento della massa magra ed all’aumento della forza, ma non con risultati sensazionali. Lo stesso vale riguardo all’effetto sul dimagrimento nel breve termine, servono ancora più ricerche in merito.
Secondo Bucci (1993) la produzione di determinati eicosanoidi (derivati dell\’acido arachidonico) data dagli O-3, potrebbe stimolare la produzione di GH, ma ancora le ricerche non confermano questa ipotesi.
Un altro studio di Philpott JD e colleghi (2017) su giocatori di calcio professionisti, dopo 6 settimane di integrazione con uno shaker post-allenamento composto da 30 gr di proteine, 40 g carboidrati e 2.2 g di Omega-3 (50:50 EPA e DHA), rispetto al placebo senza olio di pesce, ha mostrato un miglioramento nei marker di recupero come il dolore muscolare e i livelli di creatin-kinase (Nda – non è necessario quindi introdurre 9 gr/die di n-3, come alcuni guru del BB consigliano!).
Ciò che sappiamo con certezza è che dalla produzione di eicosanoidi da O-3, rispetto a quella da O-6, entrambi in competizione per gli stessi enzimi COX (ciclossigenasi, cioè enzimi presenti ubiquitariamente che esplicano azioni infiammatorie), si ha un’aggregazione piastrinica minore e per questo sembrerebbero correlare un minor tasso di mortalità per trombosi nelle popolazioni che mangiano tanto pesce contenente O-3. Sappiamo poi che lo sbilanciamento sugli O-6 rispetto agli O-3 comporta un effetto pro-infiammatorio, dato soprattutto dall’acido arachidonico, colpevole di predisporre l’organismo ad una serie di disturbi associati al sistema immunitario, oltre a Lupus, trombosi, e alcuni tipi di tumore. Hanno dimostrato un’azione antiaritmica a livello del miocardio (prevenzione e correzione anomalie) e protettiva nella parete dei vasi sanguigni, attraverso la produzione di trombossani derivati dall’EPA e l’aumentata produzione di fattori di vasodilatazione. Effetti sulla depressione e ansia sono stati studiati, ma ancora non possiedono una base solida per essere validati in questo ambito.
Omega 3, Olio di pesce e dieta vegetariana o vegana
I vegetariani e vegani dovrebbero integrare gli n-3 da olio di pesce?
Le fonti vegetali come i semi di lino (acido-linoleico 17g/100 g), la soia (8g/100g) e le noci (6 g/100g) sono soggetti agli stessi processi di perossidazione lipidica delle fonti animali, ma il problema maggiore per i non consumatori di pesce sta nell’assunzione massiva di n-6 da queste fonti e un conseguente squilibrio tra n-3/n-6. Per evitare questo problema, sarebbe opportuno usare fonti isolate come le capsule di olio di pesce, almeno finché non saranno disponibili in una versione vegetale (vegana).
Il fabbisogno minimo stimato per la popolazione dalla tenera età fino a quella più avanzata è di 250 mg totali di EPA-DHA (è importante perchè le ricerche hanno mostrato una correlazione inversa con il declino cognitivo come demenza e Alzheimer), con un’aggiunta di 100-200 mg di DHA in caso di lattanti, adolescenti e gravidanza. Ad ogni modo assicuratevi che i prodotti commerciali che comprate siano titolati almeno al 75% e che per 3-4 capsule ci siano 3 g di Omega-3 di cui almeno 400-500 mg di EPA e 200-250 mg di DHA per capsula:
Integrazione di 3-4 cps di O-3 = 3 g/die (1500-1600 mg EPA + 750-800 mg DHA)
*perossidazione lipidica: è un processo di ossidazione dovuta ai radicali liberi, avviene tramite una reazione a catena che distrugge le componenti lipidiche della membrana cellulare.
Impatto sul COVID-19
Nella loro funzione sistemica anti-proinfiammatoria, gli O-3 sono oggetto tutt’ora di studio nella riduzione delle infezioni del tratto respiratorio, in particolare nel contrasto all’infezione da virus della famiglia Coronaviridae che possono infettare l’uomo. Nello specifico sembrerebbe che il DHA abbia particolarmente effetto nelle cellule dell’epitelio respiratorio esposte ad alcuni ceppi di rinovirus, riducendo la produzione di citochine pro-infiammatorie, che significherebbe una riduzione dell’infiammazione locale [21].
Inoltre, gli acidi grassi polinsaturi hanno un ruolo nella regolazione del sistema immunitario, incrementando l’azione dei neutrofili e attivando la funzione di alcuni sottogruppi dei linfociti T, quelli che si occupano del riconoscimento dei virus e delle azioni iniziali di contrasto, ed anche dei linfociti B nella produzione di anticorpi [22,23]. Nella prima metà del 2020 si ipotizzava in base a queste evidenze un possibile utilizzo degli O-3 come cura coadiuvante ai malati di SARS-CoV-2 [24], oggi con alcuni studi se ne promuove sempre di più l’utilizzo sia aumentando l’introito da fonti alimentari che tramite l’integrazione [25, 26].
Conclusioni
Solo alcuni paesi registrano un’assunzione ottimale di O-3 LC-PUFAs nella dieta, a partire dagli alimenti sopra lo 0,2% dell’introito calorico giornaliero e l’Italia non è fra questi [27]. Alla luce di questo e di quanto soprascritto, sarebbe auspicabile un’integrazione mirata a garantirne l’apporto minimo giornaliero che si attesterebbe da 0,5 g per i neonati fino a 1,6 per gli adulti, a meno non si riesca a mangiare almeno 2-3 porzioni a settimana di pesce contenente O-3 (lista di alimenti con ALA, EPA e DHA https://ods.od.nih.gov/factsheets/Omega3FattyAcids-HealthProfessional/ ).
L’integrazione giornaliera potrebbe essere ben impiegata nelle gravi displipidemie, come prevenzione secondaria a latere di un’adeguata attività fisica e corretta alimentazione. Gli O3 potrebbero anche essere impiegati nel contrasto all’azione virale di alcuni virus che interessano l’apparato respiratorio o come cura coadiuvante nelle malattie sistemiche autoimmuni.
Del tutto ininfluente invece l’integrazione con l’intento di migliorare la condizione estetica.
Infine, in ambito sportivo, lo stress ossidativo e un generale aumento dei marker infiammatori, è conseguenza diretta del volume e dell’intensità dell’allenamento, nonché parte del processo di adattamento in cui la sintesi proteica muscolare si inserisce, della biosintesi mitocondriale, e dell’aumento di enzimi e proteine per glicolisi, lipolisi, glicogenosintesi[12,14,16], per cui sarebbe consigliato assumere gli O-3 lontano dal periodo di post allenamento per non interferire con i normali processi appena descritti.